Pubblichiamo la traduzione in italiano della descrizione dell'incidente raccontata da Fredrik Ericsson, compagno di Michele e partner della spedizione, pubblicata sul sito di Fredrik il 31-7-2009. La traduzione è stata curata da Simonetta.
Tragico epilogo della spedizione sul K2
Immagino che la maggior parte di voi abbia già appreso la tragica notizia dell’incidente di Michele sul K2. In ogni caso troverete di seguito alcune informazioni su quanto è accaduto.
A volte la vita non va come noi la programmiamo e così è stato il 23 giugno. Era la nostra seconda scalata di acclimatamento sul K2 e, rispetto alla prima, questa volta Michele ed io ci sentivamo molto meglio e non avevamo mal di testa. Dopo aver trascorso due notti al nostro campo 2 a 6350 metri, stavamo scendendo con gli sci verso il campo base. Avevamo passato un tratto ripido e roccioso, che consideravo la parte più difficile della discesa, e ci trovavamo su di un grande pendio aperto. L’inclinazione era ancora notevole e stavamo sciando molto lentamente, praticando l’arresto saltato per controllare la velocità. Durante uno di questi cambi di direzione Michele ha perso l’equilibrio ed è caduto all’indietro lungo il pendio, scivolando e rotolando per diverse centinaia di metri. Visto che scendendo la ripidità diminuisce, ero sicuro che ad un certo punto si sarebbe fermato. Invece non è andata così ed io non ho potuto far altro che guardare Michele mentre continuava a cadere. Alla fine è precipitato oltre una fascia di rocce ed è scomparso nella conca che si trovava a fianco. E’ stato orribile da vedere!
Ho pensato che se fosse sopravvissuto alla caduta, sicuramente sarebbe stato gravemente ferito e quindi dovevo raggiungerlo prima possibile. Ho ricominciato a sciare, ma poiché c’era una fascia di rocce che separava le due conche, non potevo andare direttamente da lui, ma dovevo arrivare fino ai piedi della montagna e poi risalire dalla sua parte. Ho impiegato mezz’ora a raggiungere Michele e mentre stavo salendo c’era un gran silenzio. Guardando il dirupo oltre il quale era caduto, mi sono reso conto che c’erano poche possibilità di trovare Michele in vita, ma non ho mai perso le speranze. Sfortunatamente, quando lo ho raggiunto, non mostrava segni di vita, non respirava e non aveva polso.
Poiché si trovava in un punto molto pericoloso, proprio sotto un grande seracco, e in un posto esposto alla caduta di valanghe, non ho pensato molto a quanto era successo ed ho cominciato a calare il corpo di Michele lungo il pendio. Spostandomi un po’ di lato, sono riuscito ad arrivare in una zona abbastanza sicura sotto delle pareti rocciose. Ho fatto scendere Michele per circa 200 metri, prima di arrivare in un punto da dove avrei dovuto attraversare un altro grande pendio a rischio valanghe.
Il giorno prima dell’incidente erano arrivate al campo base delle nuove spedizioni. Tra di loro c’erano Fabrizio Zangrilli, Gerlinde Kaltenbrunner e David Göttler che, dopo aver visto la caduta di Michele dal campo base, sono saliti sul ghiacciaio per dare una mano. Dato che ormai era pomeriggio e la giornata calda e soleggiata, la neve era bagnata e pesante e il pericolo valanghe era elevato. Portare il corpo di Michele oltre il pendio pericoloso avrebbe richiesto parecchio tempo, ci saremmo dovuti fermare troppo a lungo in una zona pericolosa e perciò abbiamo deciso di lasciarlo sulla montagna durante la notte.
Mentre stavo tornando a piedi al campo base, ho improvvisamente realizzato che cosa era successo. Michele ed io stavamo scendendo con gli sci dalla montagna dei nostri sogni. Stavamo sorridendo, ci stavamo divertendo. In un secondo si è consumata la tragedia e Michele se ne è andato. Non ho mai avuto un’esperienza come questa. E’ stato il peggior giorno della mia vita.
Il giorno dopo David, Fabrizio ed i suoi compagni mi hanno aiutato a portare Michele giù per gli ultimi 100 metri fino al ghiacciaio. Abbiamo scavato una fossa nella neve dove conservare il corpo in attesa dell’elicottero, che è arrivato al mattino due giorni dopo l’incidente. La salma di Michele è stata trasportata a Skardu e poi a casa in Italia.
Dopo l’incidente ho perso tutta la motivazione per continuare a scalare il K2 e ho deciso di rinunciare e di tornare a casa.
Tutti i miei pensieri vanno alla famiglia di Michele, non posso immaginare cosa significhi perdere un figlio.
Michele era un uomo buono. Mi mancherà.
Fredrik