L'associazione Michele Fait, nata lo scorso anno per onorare e ricordare il giovane alpinista trentino scomparso sul K2, propone un incontro a tutte le persone che amano la montagna. La serata vuole offrire immagini e prospettive diverse di uno stesso luogo. Le organizzazioni invitate - Mountain Wilderness, la S.A.T. ed Emergency - narrano le loro esperienze intrecciando così l'alpinismo con i temi dell'impegno e della solidarietà. La diversità di queste storie crea una nuova lettura della montagna: più complessa, meno ideale e anche più dura. Ma questo "disincanto" non è cinismo ma ricchezza. L'immagine della montagna romantica diventa realistica e più completa.
L'Associazione Michele Fait ringrazia l'Assessorato allo Sport del Comune di Rovereto per aver sostenuto e reso possibile l'evento.
Interverranno:
Stefano Nardin, Vicepresidente dell'Associazione Michele Fait
Claudio Bassetti, Vicepresidente della S.A.T.
Marta Cazzanelli del gruppo Emergency di Rovereto
Luigi Casanova, portavoce nazionale di Mountain Wilderness
Locandina evento
La montagna romantica non esiste più. E' diventata un luogo molto più complesso e vasto. La montagna si è espansa e sono caduti i confini: va ora dal Cerro Torre al Brenta e fino all'Himalaya. A volte, i paesaggi si assomigliano, ma sorprendono per altre diversità. Immancabilmente chi torna dalle montagne lontane torna con esperienze toccanti, e in qualche modo "si sente cambiato". E la ragione del cambiamento è il disincanto: non più l'immagine di divertimenti, svaghi, relax, serenità e benessere - ma ben altro. Queste diversità diventano a volte scioccanti. La percezione della montagna come luogo sublime e puro, salubre e incontaminato si mescola con altri sapori. Si forma così una lettura più articolata, meno ideale e più dura. Sulle montagne a volte si combattono guerre, i ghiacciai si ritirano, i sentieri sono disseminati di oggetti lasciati dalle spedizioni precedenti e poi, come non bastasse, si incontra anche la povertà della gente che le abita. Una montagna più difficile e inquietante che offre, ai suoi frequentatori occasionali, immagini di sofferenza, disagio e, nel caso delle guerre, atrocità e oscenità.
Ma come? Succede anche lassù? Questi spazi per noi rappresentavano la purezza, l'incontaminato e il giusto, il posto dove fuggire: i nostri paradisi terrestri. Sono così cambiati? Impossibile non prenderne atto.
E se vogliamo prenderne atto... qualcosa va fatto. Sono innumerevoli i casi di alpinisti che, tornati a casa, non possono far a meno di pensare continuamente a quello che hanno vissuto. A volte ci ritornano portando medicinali, altre volte organizzano raccolte di finanziamenti per sostenere scuole e ospedali, o addirittura gli ospedali e le scuole li costruiscono.
Si tratta dunque di pensare a un nuovo modo di viaggiare e di fare alpinismo - più consapevole e più attento. Il senso di tutto questo è, come dicono gli anglosassoni, "to give something back", dare qualcosa di ritorno.